Testimonianze di donatori

  • Il dono di Francesco (2024)
Sono Francesco e ho donato le cellule staminali emopoietiche per mio padre, malato di mielofibrosi, per potergli consentire di effettuare il trapianto: la ultima e unica possibilità di continuare a vivere, dopo anni di terapie importanti, anche perché la ricerca di un donatore da registro si è rivelata infruttuosa.
Quando mi hanno comunicato che sarei stato io il donatore visto il tipo di malattia e di compatibilità mi si è riempito il cuore. Ho trovato un barlume di speranza per la sopravvivenza di mio padre. Non ho avuto dubbi a dire di sì e ad a iniziare il protocollo di donazione.
Il Medico mi ha spiegato la procedura a cui sarei stato sottoposto. Non si tratta di prelievo di midollo osseo dalle ossa del bacino come avevo pensato avvenisse ma di un prelievo di sangue dal braccio.
Ho dovuto fare delle iniezioni per stimolare il midollo. 2 punture al giorno per 4 giorni. Mi avevano avvisato dei possibili effetti collaterali ma non ho avuto nessun timore. Ho avuto solo un leggero dolore osseo alle gambe, ma l’ho subito paragonato allo stesso dolore che si ha da bambini quando appunto si sta crescendo. E’ bastato prendere solo 1 volta la tachipirina ed è passato tutto subito.
Il giorno del prelievo mi hanno fatto accomodare su una poltrona ed il prelievo è durato circa 4 ore.
Sapere che il ricevente sarebbe stato mio padre mi ha sicuramente coinvolto emotivamente di più che se non si fosse trattato di uno sconosciuto. La situazione di mio padre era molto rischiosa e questa era l’unica possibilità, in cuore mio sapevo che sarebbe andato tutto bene.. così fortunatamente è stato.
Infatti dopo 12 giorni, le cellule staminali donate hanno attecchito nel corpo di mio padre e hanno cominciato a produrre i globuli bianchi, rossi e più tardi anche le piastrine..
Il giorno in cui hanno annunciato le dimissioni di mio padre ho pensato ce l’abbiamo fatta. Durante la sua degenza ha affrontato dei momenti molto difficili e qualche complicazione, quindi la notizia delle dimissioni per me è stata.. una manna dal cielo. Purtroppo la donazione di cse può avvenire solo 1 volta nella VITA e il donatore potrà donare ancora solo per lo stesso paziente.
Questa regola non mi consente quindi di poter aiutare altri malati e questo mi dispiace.
DOPO LA MIA ESPERIENZA, la donazione di CSE è UNA PROCEDURA SEMPLICE E NON INVASIVA E INVITO I GIOVANI A DONARE PERCHE’ NON TUTTI COLORO CHE SONO IN ATTESA di TRAPIANTO HANNO UN FIGLIO CHE ABBIA LA COMPATIBILITA’ NECESSARIA PER POTER EFFETTUARE IL TRAPIANTO
  • Il dono di Giacomo (2023)

Ciao a tutti! Mi chiamo Giacomo, ho 24 anni e sono un donatore di midollo osseo. Volevo
raccontarvi una mia riflessione sull’atto della donazione:
Prendersi cura della salute e del benessere di qualcuno attraverso la donazione di midollo è un’esperienza
profondamente emotiva che comprende una serie di sentimenti e considerazioni. Coinvolge non solo l’atto fisico
di donare il midollo, ma anche il viaggio emotivo di sostenere qualcuno nel momento del bisogno. Questo
processo può essere sia impegnativo che gratificante, in quanto ti permette di aiutare concretamente un’altra
persona in difficoltà. Le emozioni principali che si sentono quando si comincia a pensare alla donazione di
midollo sono diverse e molto significative. L’empatia, prima tra tutte, ci permette di comprendere e condividere le
esperienze e le emozioni di un’altra persona.
Quando si pensa alla donazione a cui si è deciso di sottoporsi, grazie ad essa è possibile immedesimarsi nel
ricevente, immaginando il dolore e le difficoltà che sta affrontando. Questa empatia diventa una forza trainante
nella decisione di aiutare il prossimo, poiché riesce a far sentire un forte desiderio di alleviare le sue sofferenze e
migliorare la sua qualità di vita. La compassione è un altro aspetto emotivo significativo della donazione del
midollo. È la genuina preoccupazione e cura che si prova per il benessere di un’altra persona.
Quando ho preso la decisione di donare il midollo osseo, sono stato motivato da un profondo senso di
compassione per il ricevente. Ho voluto fare tutto ciò che è in mio potere per sostenere la sua guarigione e donare
la possibilità di una vita più sana. La compassione ha alimentato la mia determinazione a sottopormi alle
procedure mediche necessarie, sopportare potenziali disagi e fare sacrifici per il benessere di qualcun altro.
Intraprendere il viaggio della donazione del midollo comporta anche una grande quantità di auto-riflessione e
introspezione. Mi ha spinto a esaminare i miei valori, credenze e priorità, sul significato della vita,
sull’interconnessione dell’umanità e sulla responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri.
Questa introspezione può far emergere un mix di emozioni, che altalenano da un senso di scopo e appagamento a
momenti di dubbi o paure.
Alla fine, prendersi cura della salute e del benessere di qualcuno attraverso la donazione di midollo è
un’esperienza emotiva profonda. Riconoscendo e abbracciando tutte queste emozioni, possiamo affrontare il
viaggio con un cuore aperto, sapendo che le nostre azioni hanno il potenziale per avere un impatto duraturo e
significativo sulla vita di qualcun altro.

 

  • Il dono di Andrea (Febbraio 2020):

Mi chiamo Andrea, ho 40 anni. Nel 2015 mi sono iscritto al #RegistrodonatorimidolloosseoIBMDR presso la Medicina Trasfusionale dell’Ospedale di Treviso. Due mesi fa sono stato richiamato perché risultato compatibile con un paziente in attesa di trapianto.
Sono stato subito felice di aver ricevuto questa chiamata, ho accettato la richiesta di donazione che mi è stata fatta e ho avuto così la possibilità di salvare la vita ad una persona a me sconosciuta.
La procedura è stata semplicissima: una puntura su entrambe le braccia per poter prelevare le cellule staminali presenti nelle mie vene, io ero comodamente sdraiato sul lettino di un ambulatorio del Centro Trasfusionale, circondato dal personale che si preoccupava che io fossi perfettamente a mio agio.
Porterò per sempre con me la gioia di aver compiuto un gesto di così grande solidarietà e generosità.

Andrea
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  • Storie di di dona e di chi riceve (Giugno 2019)

Treviso, l’importanza di donare
Al via in varie Ulss del Veneto una campagna per reclutare donatori di midollo osseo. Una forma di volontariato che può salvare la vita di molti pazienti.

di Patrizia Giustarini e Marco Madini, montaggio Massimo Serena

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  • La storia del dono di Manuel

La RAI per Match it Now con la storia di donazione di Manuel, testimonial AdmorAdoces.
Ringraziamo la RAI per la sensibilità ed attenzione.
Condividete questa testimonianza.. è facile iscriversi al #RegistroIBMDR ed ancor più semplice donare le cellule staminali emopoietiche, solo nel raro caso di compatibilità con un paziente.

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  • La storia di Dono di Alessio

I donatori di sangue sono una risorsa preziosa anche per le donazioni di cellule staminali emopoietiche.
Molti di loro, infatti, sono iscritti anche al #RegistrodonatorimidolloosseoIBMDR.
Questa è la testimonianza di Alessio, donatore di sangue #avis, iscritto al Registro IBMDR e alla nostra Associazione. Trovato compatibile con una ragazza della Serbia a lui sconosciuta, ha donato le cellule staminali emopoietiche per donarle una nuova speranza di vita.

La testimonianza di Alessio

  • Il dono di Pietro

Mi chiamo Pietro, ho 21 anni. In luglio 2018 mi sono iscritto al #RegistrodonatorimidolloosseoIBMDR presso il Centro Trasfusionale di Treviso. Tre mesi fa sono stato richiamato perché sono risultato compatibile con un paziente in attesa del trapianto.
Ho subito accettato con gioia la richiesta di donazione che mi è stata fatta e ho avuto così l’onore di salvare la vita ad una persona. Questa è una cosa che non cambierà mai in me: la consapevolezza di aver fatto una cosa così buona mi accompagnerà per sempre.
In cambio cosa ho dovuto fare? Qualche puntura su entrambe le braccia per il prelievo delle cellule staminali circolanti nelle mie vene, stando seduto su un lettino di un ambulatorio del centro trasfusionale, circondato da persone che mi davano attenzioni e che si preoccupavano che io fossi a mio agio.
Non ho mai fatto niente di più semplice.
Ed in cambio ho salvato una vita, una cosa meravigliosa.

Pietro
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  • La testimonianza di Cinzia:

Cari,

innanzitutto grazie mille delle attenzioni e delle molte, belle parole di affetto che mi avete riservato! Una preziosa manna dal cielo in questi giorni un po’ difficili.

Le dimostrazioni di stima sono piovute numerosissime e davvero inaspettate, ma come già dissi a qualche amico, in verità io sono solo nata con il dna giusto per un bambino tanto sfortunato: questo è il mio merito, né faticato, né conquistato, né studiato, semplicemente genetico. Ma senza il personale medico e paramedico che ogni giorno, tutti i giorni, da decenni, lavora dietro le quinte di questo mio gesto, nulla sarebbe possibile. Insomma… come dire… un bel lavoro d’equipe!

Il messaggio che vorrei suggerire attraverso il mio gesto è questo, forse diverso da quello che qualcuno si aspetterebbe: non serve essere speciali per donare il midollo osseo.

Se io, Cinzia, persona di cultura e di intelligenza normali, di estrazione sociale normale, di abitudini di vita ed interessi normali, di professione normale, ho potuto fare questo, chiunque può fare altrettanto.

Basta credere che ogni persona abbia un valore e un potenziale immenso in sé, e che se è in difficoltà ed è nelle nostre facoltà aiutarla, va aiutata; a prescindere da chi essa sia, ma per il grandioso principio di empatia che unisce gli uomini che amano gli uomini. 

Io questo l’ho creduto molti anni fa quando mi iscrissi ad Admor – Adoces (e all’Avis e all’Aido), e oggi che ho avuto il meraviglioso, incredibile privilegio di poter concretizzare questa scelta, lo confermo assolutamente come allora e più di allora.

Ancora grazie, grazie, grazie per le vostre affettuosissime attenzioni, ora incrociamo le dita per il giovane paziente sconosciuto a cui spero con tutto il mio cuore e con tutte le mie forze di poter essere stata utile: perché credo che lì davanti, oltre le mille, gravissime difficoltà che ha superato, ce ne sia ancora tanta, ma tanta vita per lui.

Vi saluto lasciandovi alcune mie considerazioni:

– Siate informati e consapevoli di tutto. Di cosa potete fare per voi stessi e per gli altri, e delle conseguenze delle vostre azioni.

– Non stancatevi mai di cercare il buono nelle persone, e il bello nelle cose. Ce n’è veramente tanto, anche se talvolta è difficile da vedere. Ma ne sarà valsa la pena.

– Ma prima e sopra ogni cosa mirate sempre al cuore. Delle amicizie, degli affetti, delle questioni, delle gioie, dei problemi, dello studio, del lavoro e – naturalmente – delle persone.

Non abbiate mai paura di fare del bene… e pensate alla donazione

Con il cuore (e come altrimenti?),

Cinzia

  • La testimonianza di Luigi:

La mia è una storia di “ordinaria solidarietà”. Per mia fortuna non sono mai stato toccato da vicino da esperienze di gravi malattie né nell’ambito della mia famiglia né in quello delle amicizie. Diventare donatore per me è stato un atto naturale, normale, una scelta dettata dal fatto che non c’era alcuna buona ragione per non farlo.

Era la fine del 2000 quando mi fu comunicato che ero risultato compatibile con un paziente in attesa di trapianto, e a marzo 2001 a Verona è avvenuto l’espianto del midollo. La mia convinzione nemmeno in quel momento è venuta meno: la speranza di poter ridare la vita a qualcuno mi ha sostenuto in tutte le fasi della donazione.

La donazione è anonima, così come non è possibile sapere a chi è stata destinata, ma a me non è mai interessato sapere qualcosa di più: il mio resta un gesto che reputo doveroso, e che mi auguro sempre più persone vogliano fare… ricordiamoci che alla fine del 2010 i malati in attesa di trapianto nel mondo erano ancora 2.500.

  • La testimonianza di Sara:

Sono stata sottoposta al prelievo tramite aferesi i primi di settembre, le ricordo come due giornate impegnative. La prima, in particolare: ero tesa, rigida e la macchina che effettua il prelievo non riusciva a lavorare al meglio. Ma il personale del Centro Trasfusionale è riuscito a mettermi a mio agio e il secondo giorno è stato quasi riposante: ero del tutto rilassata e il macchinario non ha mai protestato.

Quando mi chiedono perché ho donato, mi trovo sempre in difficoltà. Un motivo speciale non c’è. Semplicemente, non sono cagionevole di salute, ho sempre sopportato molto le donazioni di sangue, il mio stile di vita è sano. Non è assolutamente stata un’esperienza traumatica, anzi, ho vissuto sulla mia pelle la motivazione, la speranza, il calore di tutti i volontari, i medici e il personale sanitario che ho incontrato. E’ questo ciò che mi resta.

Sono stata disponibile a salvare una vita e a dare una speranza di guarigione.

Io spero che “il mio paziente” ora sia guarito e conduca una vita normale. E se oggi mi chiedo cosa tutto questo mi è costato, mi dico… niente!

  • La testimonianza di Valter:

Non siamo eroi, ma gente comune.

Chi pensa che il donatore di midollo osseo o di cellule staminali emopoietiche sia un eroe, si sbaglia. E’ solo una persona comune, come te e me.

Ma una differenza tra un donatore e un non donatore c’è: mentre il primo prova l’esperienza, unica, emozionante, intimamente gratificante, gratuita e segreta di aver operato il bene per salvare una vita, il secondo può solo chiedersi che cosa si sia perso e se anche lui, come il primo, poteva fare di più.

L’essere umano è una macchina meravigliosa, costretta a lottare per sopravvivere.

E nella lotta di ogni giorno, a volte capita di incontrare un nemico più forte di noi: la leucemia.

Ma se la malattia costringe l’uomo ad alzare le mani al cielo in ricerca d’aiuto, è compito del fratello tendere la sua di mano e aiutarlo ad uscire fuori dal mare di dolore che lo accompagna e che, a volte, sembra trascinarlo a fondo con sé.

Quella mano che chiede aiuto aspetta un’altra mano che la afferri, che le trasmetta fiducia, che le dia sicurezza, che la faccia sentire “insieme” e non più sola nella battaglia.

E quando due persone condividono tutto ciò, la stretta che le lega è così forte che nessuna “tortura” può più spezzare quel magico legame che le ha unite.

Donare è un percorso lungo, non privo di ostacoli; l’attesa può essere prolungata (14 anni nel mio caso), l’aspettativa eccessiva (ho salvato una vita…) o deludente (ho fatto tutto bene ma il ricevente non ce l’ha fatta) e il non sapere può apparire frustrante, ma in realtà non lo è.

E’ in questa fase di “maturazione” che il donatore deve trovare dentro sé la motivazione vera per la quale si è messo in gioco.

Sono stato chiamato altre due volte, prima di effettuare la vera e propria donazione; e ogni volta mi sono chiesto che cosa ne sia stato delle due persone con le quali ero quasi compatibile. Non lo saprò mai, ma spero, in cuor mio, che tutto sia andato bene.

E poi, in maniera inaspettata, hanno chiamato anche me.

Ed il mio “si” è stato pronto. Avevo già riflettuto tanto sul significato della donazione e quindi ogni paura e remora era già stata sopravanzata dalla maggior presa di coscienza.

Mi è rimasta impressa una frase che ha detto un’infermiera a seguito di un inconveniente che mi è accaduto durante la donazione: “In tanti anni che seguo le donazioni, non ho mai visto nessuno di voi (rivolgendosi a noi donatori) lamentarsi per il dolore o arrabbiarsi per le cose che non sono andate proprio come dovevano. Sopportate tutto con una forza d’animo che, sinceramente, non so dove troviate”.

La forza per affrontare tutto, sapendo che il nostro dono permetterà a qualcuno che non conosciamo, che non abbiamo mai visto né sentito, che non sappiamo chi sia, dove abiti, quanti anni abbia o che religione sia, la troviamo solo dentro di noi; il donatore è – in ultima analisi – un innamorato della vita… e non accetta che questa meravigliosa esperienza possa fermarsi prematuramente solo per qualche piccola cellula difettosa.

Se la donazione prova il fisico di una persona, eleva anche il suo spirito, facendo passare in secondo, terzo piano, il dolore provato.

La motivazione che spinge a donare è talmente forte che qualsiasi dolore viene accettato come necessario; ma il più delle volte la donazione non è così dolorosa, come la dipingono invece alcuni “ben informati”.

Il coraggio non sta nel donare, ma nel fare quel primo passo per mettersi a disposizione di tutti, ma proprio tutti, gli abitanti del mondo.

Proprio perché siamo persone comuni, normali, non vogliamo pubblicità attorno a noi, non siamo eroi, non cerchiamo notorietà, anzi. E’ nell’intimo che più ci sentiamo rafforzati, nella presa di consapevolezza che abbiamo fatto qualcosa di grande, ma nascosto agli occhi del mondo.